Dopo dieci anni di segnalazioni ignorate, lettere rimaste senza risposta, accuse infondate e attacchi personali, Deai (società di gestione dell'impianto sportivo Enrico Gualandi), ha deciso di rompere il silenzio.
Nei giorni scorsi l’avvocato Adriano Travaglia ha inviato una diffida formale al Comune di Imola, a Ortignola (società concessionaria) e Cims, chiedendo interventi immediati e risarcimenti.
La base è chiara: la perizia depositata presso il Tribunale di Bologna ha certificato che l’impianto è stato consegnato con gravi vizi, ad oggi senza collaudo tecnico amministrativo correttamente perfezionato, mancanza delle obbligatorie manutenzioni straordinarie, tanto che oggi servono oltre 700.000 euro di lavori per ripristinare la corretta funzionalità dell’impianto.
Eppure, per anni Comune e concessionaria hanno fatto finta di niente.
Hanno scaricato i costi su Deai, hanno ignorato obblighi di vigilanza e di manutenzione straordinaria, e hanno lasciato che il servizio fosse garantito solo grazie ai sacrifici del gestore e dei cittadini che hanno continuato a frequentare l’impianto.
«Siamo arrivati al punto di non ritorno - commenta Paola Lanzon, amministratrice unica di Deai -. Per dieci anni chi avrebbe dovuto vigilare ha scelto di voltarsi dall’altra parte. Non si può parlare di trasparenza e responsabilità quando il collaudo tecnico amministrativo obbligatorio per legge, e da cui discendono diversi livelli di responsabilità che non si possono ignorare, è stato messo in dubbio da un Tribunale e i danni all’impianto sono oggettivi. Questa è la fotografia di una città oggi governata con estrema arroganza e mancanza di responsabilità istituzionale, dalla quale mi dissocio con fermezza. Non è questo il modo di amministrare il patrimonio pubblico. Con l’incontro in Comune del 4 agosto, che si è trasformato in una specie di agguato alla Trump/Zelensky, si è persa una opportunità di soluzione condivisa»
Con la diffida Deai chiede la rimozione immediata dei vizi costruttivi, a spese di chi ne ha la responsabilità, e il risarcimento dei danni subiti in dieci anni.
«Questa vicenda non riguarda solo una piscina, ma il modo in cui si amministra una città».
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